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Dopo la vittoria per 1-0 del Napoli sul campo del Lecce, Antonio Conte si è presentato ai microfoni con il consueto tono assertivo. Il tecnico ha affrontato due temi centrali: le critiche ricevute per gli acquisti estivi e le pressioni esercitate da figure dirigenziali sulla classe arbitrale. Il tutto condito da un messaggio chiaro: “Non siamo scemi, dobbiamo aprire gli occhi”.

Difesa del mercato: “A volte qualcuno deve star zitto”

Conte ha rivendicato con forza le scelte fatte in estate, in particolare l’arrivo di Vanja Milinkovic-Savic, decisivo contro il Lecce con un rigore parato. “In estate si è parlato tanto di rinforzi, ma abbiamo perso De Bruyne e Lukaku. Qualcuno dice che ne stiamo giovando, ma qui si tocca l’assurdo. Si è fatto male Meret e ora c’è solo Milinkovic-Savic. Qualcuno si lamentava che avessimo comprato un portiere di spessore… a volte bisogna star zitti e dare ragione a chi la vede più lunga di chi spara sentenze”.

Le critiche ricevute non hanno tenuto conto delle difficoltà reali e delle scelte preventive fatte con lungimiranza. Ma il tono, come spesso accade con Conte, è più rivendicativo che pacificatore.

Attacco alle pressioni arbitrali: “Se lo fanno i presidenti, non va bene”

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Il passaggio più controverso arriva quando Conte parla delle pressioni arbitrali. “Finché gente X dice cose sugli arbitri ok, ma se lo fanno i presidenti con l’intento di indirizzare la classe arbitrale allora non va bene”. Il riferimento, seppur non esplicito, è chiaramente rivolto a Giuseppe Marotta, presidente dell’Inter, che aveva commentato il rigore assegnato al Napoli nel match precedente.

Conte ha aggiunto: “Ci auguriamo che certe lamentele non condizionino Rocchi e gli arbitri. Stiamo zitti, ma non siamo scemi”. E ancora: “L’Inter manda Marotta, io parlo da allenatore. Una grande squadra deve capire perché ha perso, non commentare pubblicamente. Non avrei mai permesso a un dirigente di parlare al posto mio”.

Il paradosso: quando Conte parlava, non era “nocivo”

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Queste parole, per quanto legittime nel merito, risultano contraddittorie nel metodo. Conte ha spesso usato la comunicazione pubblica per orientare il dibattito, criticare decisioni arbitrali, e mettere pressione su dirigenti e giocatori. Lo ha fatto in passato con la Juventus, con l’Inter, e ora con il Napoli. Rivendicare oggi il diritto al silenzio e alla neutralità sembra più una richiesta di esclusività che una difesa del sistema.

Inoltre, il tono accusatorio verso Marotta — suo ex dirigente — appare come una replica polemica che non tiene conto del contesto: Marotta ha parlato da presidente, in un momento di tensione post-partita, come spesso accade nel calcio italiano. Conte, invece, ha scelto di rilanciare il tema a distanza di giorni, in conferenza stampa, con l’intento di delegittimare l’intervento altrui.

Conte ha vinto sul campo, ma fuori dal campo il suo modo di gestire la comunicazione continua a sollevare interrogativi. E in questo caso, il confine tra leadership e controllo narrativo si fa sempre più sottile.