Il pareggio contro l’Atalanta non cambia la posizione del Milan, ma chiarisce il momento che la squadra sta attraversando. Il gruppo guidato da Allegri resiste, soffre e mostra segnali di compattezza, ma resta in una fase di transizione. Il termine che meglio descrive questa condizione è “ripartire”. Non solo sul piano tattico, ma come concetto più ampio: identità, mentalità, progetto.
Una squadra che tiene, ma non incide
Contro l’Atalanta, il Milan ha mostrato solidità mentale e spirito di sacrificio. La rosa è ridotta, la condizione atletica è sotto pressione e le assenze pesano. Nonostante tutto, la squadra resta dentro la partita. Non è brillante, ma è presente. Questo atteggiamento rappresenta la prima vera ripartenza: il senso di gruppo, la capacità di soffrire insieme, la volontà di non cedere. Un salto in avanti rispetto alle difficoltà recenti.
Le ripartenze che non funzionano

Sul piano offensivo, il Milan ha faticato. Leao e Gimenez hanno avuto spazio, ma le transizioni non sono state sfruttate. Manca verticalità, mancano scelte pulite, manca precisione tecnica. La pressione dell’Atalanta ha complicato le uscite, e le occasioni pericolose sono rimaste poche. Allegri ha sottolineato nel postpartita la necessità di migliorare proprio in queste situazioni: trasformare le ripartenze in attacchi concreti è fondamentale per competere ad alto livello.
Un momento da gestire, non da subite

La rosa è corta, gli infortuni di giocatori chiave come Pulisic, Rabiot ed Estupinan limitano le opzioni. Allegri ha ribadito che il Milan deve stringere i denti, mantenere compattezza e attendere il rientro dei titolari. Questo periodo non va vissuto come uno stallo, ma come uno standby strategico. La squadra deve prepararsi a ripartire con slancio, puntando alla zona Champions e alla continuità di rendimento.
Ripartire come visione, non come slogan
Nel calcio, ripartire non significa tornare indietro. Significa guardare avanti con consapevolezza, costruire su ciò che si è imparato, e affrontare le difficoltà con lucidità. Il Milan ha bisogno di ritrovare fluidità offensiva, ma ha già mostrato una base solida su cui lavorare. E in panchina c’è una guida che conosce bene come trasformare la sofferenza in crescita.

